In qualità di avvocato per i permessi di soggiorno del convivente extra UE lo studio legale Damiani&Damiani ha curato diversi casi di ricongiungimento familiare per coppie di fatto binazionali, cioè composte da cittadino/a italiano/a e da cittadino/a extra-UE. A partire dall’epoca della Pandemia, infatti, questo genere di casi sono diventati un obiettivo dello Studio Damiani&Damiani. Durante la Pandemia da COVID 19, molte coppie miste non sposate si trovavano costrette a gestire relazioni a distanza, con soggiorni alternati grazie ai soli visti di breve durata. In questi casi le Questure suggerivano soluzioni creative, come visti per studio, senza però un vero riconoscimento legale del legame affettivo stabile.
Le strategie legali per la difesa dei diritto al ricongiungimento familiare delle coppie di fatto binazionali in Italia
La difficoltà delle coppie di fatto binazionali prima della pandemia
Prima del lock-down, le coppie binazionali erano rassegnate al fatto che per loro la normativa interna non prevedeva nessun tipo di tutela. Sapevano che il proprio ricongiungimento era precluso, e quindi avevano ‘normalizzato’ una situazione “patologica” del sistema giuridico, accettando di vivere 3 mesi nel Paese di origine dell’uno e 3 mesi nel Paese d’origine dell’altro, sfruttando il visto di breve periodo, che era il più facile da ottenere ed spesso non era nemmeno previsto (accordi bilaterali e regolamenti dell’Unione Europea che prevede l’esenzione dal visto per soggiorni di breve periodo). Queste coppie, dunque, vivevano una situazione di instabilità domestica che però era ritenuta dai consociati “fisiologica”, conseguenza necessaria della loro scelta di non sposarsi. Scelta dettata, ovviamente, da motivi diversi dall’affectio maritalis, che invece era un requisito presente in queste coppie. Le stesse Questure, nel momento in cui il partner italiano decideva di indagare sul ricongiungimento, consigliavano di far ottenere al partner extra-UE un visto di ingresso diverso, per motivi di studio prevalentemente, per risolvere a monte il problema migratorio e poi convertire il permesso di soggiorno in ricongiungimento familiare.
Con l’intervento del Decreto 113/2018, che limitava fortemente i flussi migratori e con la pandemia da COVID-19, tuttavia, queste coppie si sono viste sempre più marginalizzate, e financo la frequentazione reciproca è cominciata a diventare difficile, se non impossibile, e quindi intollerabile.
La strategia dello Studio Damiani & Damiani per il riconoscimento della convivenza tra partner extra-UE e cittadino italiano: il caso Modena
Essendo terreno vergine, lo Studio Damiani&Damiani ha dovuto ideare una strategia difensiva per l’ottenimento del diritto di queste coppie a ricongiungersi e vivere serenamente in Italia la propria relazione, e la propria famiglia.
Lo Studio ha ottenuto una prima storica vittoria con un decreto d’urgenza che ha riconosciuto il diritto di soggiorno a una cittadina indonesiana convivente con un italiano. Questo caso ha aperto la strada ad altre vittorie in tutta Italia.
Si tratta del primo caso vinto dallo Studio presso il Tribunale di Modena, che con decreto d’urgenza del 07.02.2020, nel giro di un mese dalla presentazione del ricorso, riconobbe il diritto di una cittadina indonesiana di permanere nel territorio italiano con il proprio partner. Provvedimento poi confermato in fase di merito nel successivo mese di maggio. La sentenza del Tribunale di Modena fece da apripista per le successive cause patrocinate dallo Studio, consentendogli di riscuotere successi in tutti i maggiori tribunale d’Italia, che ritennero di aderire all’orientamento del giudice modenese.
La direttiva europea del 2004 per il ricongiungimento e la procedura di infrazione contro l’Italia
La normativa UE già tutelava i partner non coniugati, ma l’Italia aveva recepito solo parzialmente tali diritti, suscitando una procedura d’infrazione nel 2011 e una modifica legislativa insufficiente nel 2013. La Direttiva Europea del 2004 prevede infatti espressamente il diritto dei familiari non cittadini europei di entrare e soggiornare con il proprio familiare cittadino europeo all’interno degli Stati Membri in cui quest’ultimo intende trasferire la propria residenza. Tale diritto è riconosciuto dalla Direttiva anche ai conviventi di fatto, cioè alla c.d. famiglia naturale, purché la stabilità della relazione sia ‘debitamente attestata’.
L’Italia aveva recepito la direttiva nel 2007 senza includere le coppie di fatto e non aveva riconosciuto il diritto di queste coppie di migrare nel proprio territorio. Per questo motivo, la Commissione europea aveva aperto nel 2011 una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proprio per non avere recepito correttamente la Direttiva e quindi per non avere adempiuto ai propri obblighi unionali.
L’interpretazione conforme e la disapplicazione della legge interna
I giudici italiani hanno iniziato ad applicare direttamente la Direttiva europea, ignorando le restrizioni interne, per garantire il principio di coesione familiare e l’effetto utile del diritto comunitario.
Nel 2013 il legislatore italiano, dunque, apportò una modifica alla normativa interna di recepimento, introducendo il diritto del partner straniero avente una stabile relazione con un cittadino europeo (e quindi non più soltanto del coniuge) di ricongiungersi con quest’ultimo nel territorio italiano. Tale modifica, però, se da un lato consentì all’Italia di non essere sanzionata dall’UE, dall’altro non risolse affatto il problema del ricongiungimento tra conviventi more uxorio, perché il legislatore aveva introdotto, congiuntamente al diritto, l’onere di provare la stabile relazione con “documentazione ufficiale”, cioè con modalità ben più stringenti di quelle previste dalla Direttiva che, come detto, prevedeva solamente la “debita attestazione”, dimostrabile quindi con ogni mezzo.
Dato che la famiglia di fatto, come rilevato anche dal giudice modenese nel 2020, è caratterizzata proprio dall’assenza di formalità, la prova restava impossibile e quindi la direttiva tornava di fatto ad essere lettera morta, inapplicabile in Italia.
Di tale anomalia dà atto il Tribunale di Milano con un’ordinanza del 08.07.2022, nella quale il giudice risolve la situazione di impasse con l’applicazione della c.d. “interpretazione conforme”, ossia quella interpretazione costituzionalmente ed europeisticamente orientata cui il giudice è tenuto ai sensi dell’art. 102 Cost., onde consentire che una norma di rango superiore (nel caso di specie, quella europea) conservi i suoi effet utile. In quella occasione infatti, il giudice interpretava la direttiva 2004 alla luce della propria finalità, che è appunto quella di ‘agevolare’ la coesione familiare e disapplicava la norma interna applicando direttamente la direttiva del 2004, onde garantire la supremazia e l’effetto diretto del diritto comunitario. Per l’effetto, ordinava allo Stato italiano di concedere il diritto di ricongiungersi con il proprio partner italiano alla cittadina guatemalteca difesa dallo studio Damiani&Damiani. Rilevava in quella sede il giudice che «ogni Stato membro dispone di un ampio potere discrezionale quanto alla scelta degli elementi da prendere in considerazione nell’accertare.
In ogni caso, lo Stato membro ospitante deve assicurarsi che la propria legislazione preveda criteri che siano conformi al significato comune del termine «agevola» nonché dei termini relativi alla dipendenza utilizzati al suddetto articolo 3, paragrafo 2, e che non privino tale disposizione del suo effetto utile (punto 24).
La svolta con la Legge Cirinnà del 2016, legge Cirinnà, il ricongiungimento familiare e il riconoscimento dei diritti delle coppie non sposate in Italia
L’introduzione del patto di convivenza ha finalmente permesso alle coppie di fatto di documentare ufficialmente la propria relazione stabile, rimuovendo un grande ostacolo alla prova del diritto al ricongiungimento e per l’avvio della procedura per il visto al partner convivente
Con l’emanazione della legge 76/2016, tuttavia, cioè la c.d. Legge Cirinnà, il legislatore italiano ha finalmente consacrato in via generale, per la prima volta e a livello di legislazione interna, il principio già riconosciuto dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale di riconoscimento dei legami familiari, non solo delle relazioni consacrate nel matrimonio, ma anche delle unioni di fatto, che costituiscono formazioni sociali meritevoli di tutela giuridica ai sensi dell’art. 2 Cost., oltre che ai sensi degli artt. 8 e 9 CEDU.
Grazie alla legge cirinnà, che introduce il patto di convivenza, le coppie di fatto hanno quindi finalmente potuto superare quell’empasse creata dal legislatore italiano, ed è stata loro concessa la possibilità di provare la propria stabile relazione con documentazione che rientrava nella definizione di “documentazione ufficiale”.
Il metodo Damiani: documentare la convivenza per ottenere il diritto al ricongiungimento familiare delle coppie di fatto binazionali
Lo Studio ha ideato un iter procedurale per raccogliere prove ammissibili di convivenza, utili a ottenere permessi anche in caso di diniego amministrativo e a sostenere ricorsi giudiziari.
Lo Studio Damiani&Damiani, pertanto, alla luce della sentenza favorevole di Modena, ha ideato un vero e proprio iter necessario e prodromico alla formazione di quella documentazione necessaria a provare la stabile relazione, utile ai fini della migrazione, e valida per ottenere una sentenza favorevole in caso di rifiuto da parte delle Pubbliche amministrazioni preposte di rilasciare i titoli per il regolare soggiorno, contribuendo ad elaborare la nuova giurisprudenza italiana sulle unioni di fatto.
Sì, perché – nonostante le oltre 200 pagine di giurisprudenza formata nell’arco di 5 anni di esperienza sul campo – ancora oggi l’Amministrazione italiana rifiuta – nella maggior parte dei casi – di riconoscere il diritto di queste coppie a ricongiungersi in via amministrativa, costringendo le coppie di fatto binazionali ad adire l’autorità giudiziaria per ottenere giustizia e a fare ricorso per diniego del diritto al ricongiungimento familiare
Complice il Ministero dell’Interno che nel 2021 ha emanato una Circolare ministeriale apertamente contraria alla magistratura che aveva dato il “via libera” al ricongiungimento familiare delle coppie di fatto binazionali, e che disponeva misure di contrasto a tali ricongiungimenti, richiamando quale unico motivo ostativo la ‘sicurezza pubblica’.
Dal 2021 dunque lo Studio Damiani&Damiani è diventato l’avvocato per le coppie di fatto binazionali per la difesa della convivenza more uxorio e il riconoscimento al permesso di soggiorno per il partner extraUE e ha dovuto fronteggiare l’aspro contrasto con l’Avvocatura dello Stato che, forte della circolare, ha cominciato a resistere a tutti i giudizi intrapresi per il riconoscimento del diritto di ricongiungimento del partner avente una stabile relazione con un cittadino italiano.