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L'illecita concorrenza tra professionisti. Fin dove si spinge il diritto

L’illecita concorrenza tra professionisti. Fin dove si spinge il diritto

By | Diritto del consumatore, News |

In materia di concorrenza sleale, sviamento della clientela si assiste ad una contrapposizione tra la Corte di Giustizia Europea e la Corte di Cassazione italiana. Il motivo è dovuto al diverso significato che il diritto italiano ha attribuito al ruolo dell’imprenditore e a quello del professionista.

La sentenza del Tribunale di Milano e il di caso di sottrazione di clientela

La sezione speciale in materia di imprese del Tribunale di Milano, a proposito di concorrenza e pubblicità, nel 2017 ha emesso la sentenza con la quale ha valicato i confini della Cassazione, equiparando il professionista, in questo caso un avvocato, all’imprenditore. Il Il Tribunale Milano Sezione Speciale in materia di imprese, con la Sentenza del 06-06-2017 ha ritenuto che il professionista può subire atti di concorrenza illecita da un altro professionista che ha sottratto la clientela. Il Giudice di Milano ha così ripercorso l’orientamento espresso dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui la disciplina sulla concorrenza illecita di cui all’art. 2598 c.c., si applica anche tra professionisti. La Corte di Giustizia Europea ha manifestato il suo orientamento sull’illecita concorrenza tra professionisti nel 1999. Quell’anno la Corte di Giustizia Europea ha evidenziato al Giudice Italiano la necessità di non limitarsi alla formale nozione di impresa, per decidere se applicare o meno l’art.  2598 c.c. in materia di illecita concorrenza. La Corte di Cassazione Italiana, invece, ha sempre escluso che l’illecita concorrenza potesse applicarsi ai rapporti tra professionisti anche se, nel 2010, ha sanzionato il danno a carico di un Notaio che aveva indebitamente aperto uno studio in un luogo nel quale esisteva già una sede notarile, ribadendo comunque l’estraneità del caso al tema della concorrenza sleale.

Concorrenza sleale tra professionisti. La disciplina applicabile secondo la CGEU

Nella giurisprudenza europea ripresa dall’orientamento assunto dal Tribunale di Milano, la nozione di impresa comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento. Può essere considerata un’impresa qualunque soggetto che esercita in modo organizzato e durevole un’attività economica sul mercato, a prescindere dal modo in cui i singoli ordinamenti nazionali definiscono l’ente o la persona fisica alla quale la suddetta attività economica fa capo.

Cos’è un’impresa secondo il diritto europeo

Con la sua pronuncia, il Tribunale di Milano ha specificato i principi in materia di concorrenza sleale tra professionisti. Secondo il Giudice di Milano “il patrimonio di conoscenze tecniche di uno Studio professionale di dimensioni non modeste, capace di seguire pratiche relative a un numero elevato e a una quantità composita di clienti di varia dimensione e struttura, non tanto e solamente singole persone fisiche, quanto piuttosto persone giuridiche, società di capitali in particolare, aventi la propria sede in Paesi esteri, costituisce un bene giuridico immateriale suscettibile di ricevere tutela in rapporto alle dinamiche concorrenziali che possono insorgere tra soggetti in grado di offrire i medesimi servizi, per un bacino di utenza potenzialmente comune. Risulta pertanto corretta la sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto applicabile la disciplina della concorrenza sleale, seppure con alcune caratteristiche“.

L’orientamento ad affermare che l’esercizio della professione forense in forma societaria non costituisce attività di impresa

Ma perché la Corte di Cassazione è così granitica nel ritenere che i principi che regolano l’illecita concorrenza, non possano applicarsi ai professionisti? Secondo la Cassazione, la natura imprenditoriale dell’attività del libero professionista esercitata attraverso una struttura che sia organizzata in maniera aziendale, con sede, dipendenti, attrezzature ecc, non è assimilabile a quella di un’impresa in una situazione di concorrenzialità con le altre. Il motivo è dato dal fatto che l’intento del legislatore italiano è di differenziare la libera professione dall’attività d’impresa. Questo dato è rafforzato da un preciso intento normativo che disciplina l’incompatibilità tra l’esercizio della professione e quello del commercio in nome proprio e altrui (art. 3 primo comma del R.D.L. 1578 del 1933). Un divieto che entra in contrasto con la definizione di azienda commerciale, com’è un’impresa. 

La disciplina della Concorrenza com’è vista dalla CGEU

A proposito di concorrenza quindi, la distinzione tra i concetti di libero professionista e di impresa non consentirebbero di assimilare e applicare il sistema normativo che regola il regime di responsabilità da concorrenza sleale, ai rapporti tra liberi professionisti. Per la Corte di Cassazione l’esercizio di una professione puramente intellettuale, non può mai configurarsi come attività di impresa. Lo studio di un professionista non può costituire un’azienda perché, a differenza dell’impresa, la prestazione del professionista è sempre una prestazione di opera intellettuale e il complesso di beni organizzati attraverso il quale può trovarsi ad esercitarla, sede, dipendenti, attrezzature, non sono riconducibili ad un’attività economica organizzata ai fini della produzione o dello scambio di beni o servizi.

I principi di diritto applicati a garanzia della concorrenza tra professionisti 

Tuttavia, il Tribunale di Milano ha ritenuto applicabile la norme che sanzionano l’illecita concorrenza anche a soggetti non imprenditori. Quindi, il Giudice ha ritenuto che, nel caso oggetto della sentenza, ad uno studio associato di avvocati non può negarsi lo status di impresa per le ragioni su esposte. Inoltre, è stato riconosciuto che il mandato rilasciato ad un professionista di uno studio legale associato è un mandato rilasciato allo studio in sé, in quanto organizzazione e struttura con la conseguenza dell’attribuzione della clientela a quest’ultimo nel suo insieme e non al singolo professionista.

La tutela delle dinamiche concorrenziali anche tra professionisti

La concorrenza sleale è sottoposta a tutela in ragione dell’esigenza di porre al centro non un singolo soggetto ma il mercato, a garanzia del suo funzionamento secondo i dettami del liberismo economico che vede nel regime di concorrenza la migliore garanzia del raggiungimento dei livelli ottimali di crescita e sviluppo della società. In questa prospettiva, chiunque opera in un contesto entro il quale può vantare il diritto a concorrere e competere con gli altri in modo leale, deve godere della tutela oggettiva del libero mercato.

Il professionista imprenditore protetto da illecita concorrenza

Nell’esercizio della libera professione è insito in ogni professionista lo scopo del raggiungimento di un plusvalore rispetto al mero scambio, che costituisce investimento e fattore di moltiplicazione della ricchezza nel senso del liberismo economico. Come si evince dalla Corte di Giustizia EU che si è espressa in modo chiaro, i professionisti svolgono un’attività economica e con i loro studi organizzati in strutture costituiscono imprese ai sensi degli artt. 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l’esercizio della loro professione sia regolamentato influiscano su tale valutazione» (Corte Giustizia CE, 19.2.2002 in causa C-309/99).

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    azioni in giudizio, formazione azienda

    Irene Damiani

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