Tra le più importanti novità che sono state introdotte con il decreto legislativo n.15 del 20 febbraio 2019 in materia di marchi d’impresa e tutela del brevetto, troviamo sicuramente quelle che riguardano i marchi collettivi EUIPO. Si tratta di un aggiornamento importante per l’intera normativa che riguarda una materia complessiva come quella del marchio d’impresa.
Il legislatore italiano, infatti, ha voluto procedere con l’armonizzazione del quadro normativo rispetto alla direttiva UE, per quanto concerne la tutela del marchio collettivo. La novità principale è rappresentata dal fatto che, d’ora in avanti, solo ed esclusivamente le persone giuridiche come ad esempio associazioni di categoria, di produttori, prestatori di servizi, commercianti ed anche enti pubblici, hanno la legittimazione a chiedere ed ottenere la registrazione di un marchio collettivo. A differenza del marchio di certificazione, si può registrare un marchio collettivo che designa l’origine geografica dei prodotti o servizi ai quali si riferisce. L’unico vincolo è determinato dal fatto che il regolamento d’uso deve autorizzare esplicitamente a diventare membri dell’associazione titolare del marchio, tutti coloro i cui prodotti e servizi sono originari della zona geografica in questione (articolo 75, paragrafo 2, RMUE).
Marchi collettivi, l’esclusione delle società e delle persone fisiche. Chi può richiederne la registrazione
È da rimarcare, infatti, l’esclusione da tale lista sia delle persone fisiche che delle società: né le società per azioni, ad esempio, né le società a responsabilità limitata potranno ottenere la registrazione di un marchio collettivo. Nella normativa italiana la tutela del marchio collettivo è prevista dall’articolo 11 del Codice di Proprietà Industriale che recita:
- I soggetti che svolgono la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi collettivi ed hanno la facoltà di concedere l’uso dei marchi stessi a produttori o commercianti.
- I regolamenti concernenti l’uso dei marchi collettivi, i controlli e le relative sanzioni devono essere allegati alla domanda di registrazione; le modificazioni regolamentari devono essere comunicate a cura dei titolari all’Ufficio italiano brevetti e marchi per essere incluse tra i documenti allegati alla domanda.
- Le disposizioni dei commi 1 e 2 sono applicabili anche ai marchi collettivi stranieri registrati nel Paese di origine.
- In deroga all’articolo 13, comma 1, un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. In tal caso, peraltro, l’Ufficio italiano brevetti e marchi può rifiutare, con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione. L’Ufficio italiano brevetti e marchi ha facoltà di chiedere al riguardo l’avviso delle amministrazioni pubbliche, categorie e organi interessati o competenti. L’avvenuta registrazione del marchio collettivo costituito da nome geografico non autorizza il titolare a vietare a terzi l’uso nel commercio del nome stesso, purché quest’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale.
- I marchi collettivi sono soggetti a tutte le altre disposizioni del presente codice in quanto non contrastino con la natura di essi.
La differenza tra proprietario del marchio e utilizzatore
La ragione per cui la direttiva UE 2015/2436 ha portato le persone giuridiche di diritto pubblico e le associazioni di categoria ad essere i soli possibili titolari dei marchi collettivi è rappresentata dall’intenzione di differenziare il titolare del marchio rispetto all’utilizzatore. Nella prassi, i più diffusi titolari di marchi collettivi sono le Associazioni, i Consorzi oppure Enti Locali e Regioni. Con la registrazione del marchio collettivo, i soggetti giuridici pubblici danno la garanzia ai consumatori che i loro prodotti e i loro servizi rispettino tutti i più importanti standard dal punto di vista della qualità.
A livello internazionale è stata proposta una classificazione, nata dopo l’Accordo di Nizza, che si è proposta di differenziare una lunga lista di prodotti e servizi all’interno di 45 classi specifiche. Quindi, i marchi collettivi possono essere registrati solo ed esclusivamente per i prodotti e servizi che sono stati inseriti all’interno di queste classi.
Il legislatore non ha solo modificato i soggetti che hanno la legittimazione a richiedere la registrazione del marchio collettivo in materia di marchi d’impresa e di proprietà intellettuale. Infatti, l’art. 11, comma 2, CPI, seguendo la nuova normativa, ha previsto che chi fa domanda di registrazione deve allegare anche tutti i vari regolamenti che riguardano l’utilizzo dei marchi collettivi, le verifiche e le correlate sanzioni, rispettando i requisiti che sono stati introdotti dall’articolo 157, comma 1-bis del Codice della Proprietà Industriale.
Il regolamento d’uso dei marchi collettivi
Quest’ultimo, quindi, ha specificato quali elementi debbano essere contenuti nel regolamento d’uso dei marchi collettivi. Tra le indicazioni che devono essere presenti troviamo:
- il nome del richiedente;
- lo scopo dell’associazione di categoria o lo scopo per il quale è stata costituita la persona giuridica di diritto pubblico;
- i soggetti legittimati a rappresentare l’associazione di categoria o la persona giuridica di diritto pubblico;
- le condizioni di ammissione dei membri nel caso di associazione di categoria;
- la rappresentazione del marchio collettivo;
- i soggetti legittimati ad usare il marchio collettivo;
- le eventuali condizioni d’uso del marchio collettivo, nonché le sanzioni per le infrazioni regolamentari;
- i prodotti o i servizi contemplati dal marchio collettivo, ivi comprese, se del caso, le eventuali limitazioni introdotte a seguito dell’applicazione della normativa in materia di denominazioni di origine, indicazioni geografiche, specialità tradizionali garantite, menzioni tradizionali per vini;
- se del caso, l’autorizzazione a diventare membri dell’associazione titolare del marchio.
La definizione di marchio collettivo
Il marchio collettivo si può considerare un segno distintivo che presenta una specifica funzione, ovvero quella di caratterizzare sia i prodotti che i servizi di titolarità del gruppo di soggetti giuridici pubblici titolari del marchio, con la garanzia di certificare determinate proprietà qualitative del prodotto o del servizio proposto sotto l’egida del marchio identificativo. Queste ultime caratteristiche sono rappresentate essenzialmente dal livello di qualità, dall’ubicazione del gruppo titolare del marchio collettivo, dalla provenienza geografica del marchio e dal modo in cui viene portato a termine il processo produttivo. Infine, qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione ha diritto non solo a fare uso del marchio, ma anche a diventare membro della associazione di categoria titolare del marchio, a condizione che siano soddisfatti tutti i requisiti fissati nel regolamento d’uso.