La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza storica sul riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero. In particolare, la Corte ha stabilito che uno Stato membro non può rifiutare di trascrivere un matrimonio same-sex contratto all’estero tra due cittadini dell’UE, anche se l’unione è stata legalmente celebrata in un Paese extra-UE. Si tratta di una pronuncia rivoluzionaria destinata ad abbattere ulteriori ostacoli giuridici per le coppie omosessuali: da ora, Paesi come l’Italia dovranno riconoscere lo status coniugale delle coppie omosessuali sposate all’estero, garantendo loro piena tutela dei diritti familiari. Approfondiamo il contenuto dell
La sentenza della CEDU dispone i diritti e i doveri coniugali in Italia, imponendo il riconoscimento di un matrimonio same sex USA–Italia o la trascrizione di un matrimonio gay Argentina–Italia.
Il rispetto della vita familiare: dalla CEDU all’ordinamento italiano
Il diritto al rispetto della vita privata e familiare è un principio fondamentale sancito dall’art. 8 della CEDU. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) ha più volte riconosciuto che anche le coppie dello stesso sesso formano un nucleo di vita familiare che gli Stati devono tutelare (si pensi alle sentenze Schalk and Kopf c. Austria del 2010 e Oliari e altri c. Italia del 2015). In Italia, questo principio penetra nell’ordinamento attraverso un “richiamo a cascata”: la Costituzione italiana, all’art. 117, impone al legislatore di rispettare gli obblighi internazionali, tra cui la CEDU, e le pronunce di Strasburgo fungono da parametro intermedio di costituzionalità. Ciò significa che i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU – come il diritto alla vita familiare senza discriminazioni – fanno parte dei principi dell’ordinamento italiano.
Questa integrazione si rafforza ulteriormente a livello dell’Unione Europea: la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (art. 7) tutela la vita privata e familiare in termini analoghi all’art. 8 CEDU, e l’art. 21 vieta ogni discriminazione (anche fondata sull’orientamento sessuale). La recente sentenza della Corte del Novembre 2025, si fonda proprio su questi valori: i giudici di Strasburgo hanno dichiarato che negare riconoscimento a un matrimonio same-sex validamente contratto all’estero, lede sia la libertà di circolazione sia il diritto al rispetto della vita familiare garantiti ai cittadini UE. In altri termini, la famiglia omosessuale costituita all’estero gode di tutela sovranazionale e deve poter proseguire la propria vita familiare anche in Italia, senza essere trattata come un’entità priva di riconoscimento.
I principi CEDU come ordine pubblico internazionale (prevalente su quello interno)
Tradizionalmente, in assenza di una legge interna sul matrimonio egualitario, le autorità italiane hanno opposto il principio di ordine pubblico interno per rifiutare la trascrizione di matrimoni omosessuali esteri. La Corte di Cassazione stessa, prima della riforma del 2016, riteneva invalide in Italia le nozze gay contratte all’estero perché “contrarie ai principi fondamentali” del nostro ordinamento (sent. Cass. n. 4184/2012). Tuttavia, va chiarito che oggi questa posizione non è più sostenibile: i principi della CEDU e del diritto UE costituiscono ordine pubblico internazionale, destinato a prevalere sull’ordine pubblico interno quando si tratta di diritti umani fondamentali. Già in passato la Cassazione aveva osservato che tali nozze “non contrastano con l’ordine pubblico internazionale” e possono essere riconosciute in Italia se contratte validamente all’estero. In altre parole, ciò che un tempo era visto come contrario ai valori interni, alla luce dei valori sovranazionali condivisi (diritto alla famiglia, uguaglianza), non può più essere ritenuto illecito o nullo.
La sentenza Orlandi e altri c. Italia della Corte EDU (2017) ha sottolineato in modo emblematico questa gerarchia di valori. Sei coppie omosessuali si erano sposate all’estero (fuori dall’UE) e avevano chiesto la registrazione del matrimonio in Italia, che fu negata per “contrarietà all’ordine pubblico”. La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia, rilevando che lo Stato non aveva indicato alcun interesse pubblico prevalente che giustificasse quel diniego, appellandosi in modo generico all’ordine pubblico interno. Poiché l’art. 8 CEDU (vita familiare) non contempla la nozione di ordine pubblico tra i motivi legittimi di restrizione dei diritti, lasciare le coppie in un vuoto giuridico totale è risultato sproporzionato. In assenza di una valida giustificazione, lo Stato non poteva ignorare la realtà familiare di queste coppie, venendo meno al giusto bilanciamento tra interessi in gioco. Questa pronuncia conferma che i principi di diritto internazionale ed europeo in materia di diritti umani ridefiniscono l’ordine pubblico: non è più ammissibile opporre barriere nazionali a discapito di diritti fondamentali universalmente tutelati. Di conseguenza, il riconoscimento dei matrimoni same-sex celebrati all’estero va considerato conforme all’ordine pubblico internazionale e dunque giuridicamente possibile (anzi doveroso) in Italia.
La sentenza della Corte di Giustizia UE: obbligo di riconoscimento delle nozze same-sex
Venendo al caso oggetto della recente sentenza UE, la vicenda riguardava due cittadini polacchi che nel 2018, durante la loro permanenza in Germania, avevano contratto matrimonio a Berlino (uno dei due aveva anche cittadinanza tedesca). Decidendo in seguito di rientrare in Polonia come coppia sposata, avevano richiesto la trascrizione del loro certificato di matrimonio nel registro civile polacco. Le autorità polacche rifiutarono, sostenendo che la legge nazionale non ammette il matrimonio tra persone dello stesso sesso (situazione analoga a quella italiana, dove il matrimonio egualitario non è previsto). Investita della questione, la Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) ha affermato principi destinati a fare giurisprudenza in tutta l’Unione:
- Violazione della libertà di circolazione e del diritto alla famiglia: negare la trascrizione di un matrimonio same-sex validamente celebrato in un altro Stato membro viola il diritto dell’Unione Europea, perché impedisce ai cittadini dell’Unione di esercitare appieno la libertà di circolazione e soggiorno ostacolando la continuazione della vita familiare nel loro Paese d’origine. La coppia, dopo aver costruito una vita familiare in un altro Stato membro, deve poterla proseguire tornando in patria senza essere discriminata. La Corte ha ribadito che la libertà di circolazione nell’Unione non può essere limitata da normative nazionali discriminatorie.
- Obbligo di riconoscere lo status matrimoniale acquisito all’estero: i giudici europei hanno dichiarato che tutti gli Stati membri sono tenuti a riconoscere – ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto UE – lo stato civile (matrimoniale) legalmente acquisito in un altro Stato membro. In pratica, se due cittadini UE risultano sposati secondo la legge di uno Stato dell’Unione, tale status deve essere riconosciuto anche negli altri Stati per permettere loro di godere dei diritti derivanti (es. diritti di soggiorno, benefici familiari, trattamento fiscale, ecc.). È irrilevante se il matrimonio è stato celebrato in un Paese extra-UE, purché i coniugi abbiano esercitato la loro libertà di circolazione (ad esempio risiedendo in uno Stato membro al momento del matrimonio). Ciò copre situazioni comuni come il riconoscimento di un matrimonio same sex celebrato negli USA o in Argentina tra cittadini europei: anche in questi casi l’Italia – al pari di ogni Stato UE – è tenuta a riconoscere lo status coniugale della coppia.
- Discrezionalità sulle modalità, ma parità di trattamento: la Corte UE ha precisato che questo obbligo non impone agli Stati di introdurre il matrimonio egualitario nel diritto interno. Ogni Paese mantiene competenza sulle definizioni di matrimonio; ad esempio, l’Italia può continuare a prevedere solo l’unione civile per le coppie omosessuali. Tuttavia, e questo punto è cruciale, se uno Stato adotta una unica modalità per riconoscere i matrimoni celebrati all’estero – come la trascrizione nei registri di stato civile – deve applicarla in modo non discriminatorio anche alle coppie same-sex in Italia. In altre parole, non si possono avere due pesi e due misure: se in Italia la via ordinaria per dare effetti civili a un matrimonio estero è la trascrizione, le autorità non possono negarla solo perché gli sposi sono dello stesso sesso. Nel caso polacco, poiché l’unico strumento di riconoscimento era la trascrizione, il rifiuto rivolto alla coppia gay è risultato contrario al diritto UE.
Questa sentenza costituisce un precedente vincolante: tutti i tribunali nazionali dovranno tenerne conto. Per l’Italia, rappresenta una forte spinta verso l’adeguamento: sebbene dal 2016 esista la legge sulle unioni civili, finora i matrimoni gay esteri non venivano trascritti come matrimoni in senso stretto nei registri italiani (bensì equiparati alle unioni civili). Ora, il principio di parità di trattamento sancito dalla Corte UE potrebbe richiedere di rivedere le prassi amministrative, eliminando ogni discriminazione formale. In ogni caso, il messaggio è chiaro: negare riconoscimento alle nozze same-sex non è più giuridicamente sostenibile nell’Unione. Si tutela così la libera circolazione delle persone e si rafforza la protezione delle famiglie arcobaleno a livello europeo.
Trascrizione del matrimonio estero: cosa comporta per le coppie same-sex in Italia?
Che cosa significa, in concreto, trascrivere in Italia un matrimonio omosessuale contratto all’estero? In breve, significa rendere quel matrimonio valido ed efficace anche nel nostro ordinamento, attribuendo ai coniugi tutti i diritti e doveri riconosciuti alle coppie sposate (o unite civilmente) in Italia. Già con la legge n. 76/2016 (Legge Cirinnà) il legislatore italiano ha previsto che “il matrimonio contratto all’estero da persone dello stesso sesso produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana”. Di conseguenza, quando due uomini o due donne (di cui almeno uno cittadino italiano) si sposano in un Paese estero, l’atto può essere trascritto in Italia nei registri delle unioni civili – procedimento che equivale a un riconoscimento legale della coppia. Il risultato è che i partner diventano “uniti civilmente” per lo Stato italiano, godendo di quasi tutti i diritti dei coniugi. Se invece entrambi i coniugi sono cittadini UE non italiani ma decidono di risiedere in Italia, avranno parimenti diritto al riconoscimento del loro status matrimoniale in base al diritto UE. In tal caso, pur non essendo prevista la “categoria” matrimonio omosessuale nei registri italiani, le autorità dovranno comunque assicurare alla coppia gli stessi effetti giuridici fosse anche solo attraverso l’istituto dell’unione civile. In ogni scenario, la trascrizione (o registrazione equivalente) conferisce alle coppie same-sex in Italia uno status giuridico di famiglia, con importanti conseguenze pratiche.
Elenchiamo i principali diritti e doveri che scaturiscono dal riconoscimento legale dell’unione same-sex in Italia:
- Status familiare e coabitazione: i partner sono riconosciuti come famiglia a tutti gli effetti. Hanno l’obbligo reciproco di coabitare e di concordare l’indirizzo della vita familiare, esattamente come i coniugi. Viene meno ogni differenza di trattamento rispetto a una coppia eterosessuale sposata nella quotidianità (ad esempio nei confronti di ospedali, scuole, luoghi di lavoro, che dovranno riconoscerli come coniugi/uniti civilmente).
- Obblighi reciproci di assistenza: gli uniti civilmente (derivanti da matrimonio estero trascritto) hanno l’obbligo di reciproca assistenza morale e materiale e di contribuzione ai bisogni comuni. In situazioni di malattia, hanno diritto di prendere decisioni mediche come aventi causa l’uno dell’altro e di godere di permessi lavorativi per assistere il partner (ad esempio i permessi legge 104/92 per assistenza ai disabili in famiglia).
- Diritti patrimoniali e regime dei beni: alle coppie same-sex riconosciute si applica la disciplina delle unioni civili, che ricalca quasi interamente quella matrimoniale. È possibile scegliere il regime patrimoniale di comunione dei beni o separazione; in mancanza di scelta vige la comunione legale dei beni, analoga a quella tra coniugi. I partner possono stipulare accordi patrimoniali (contratti di convivenza o convenzioni di unione civile) per regolare aspetti economici, nei limiti di legge.
- Diritti successori: sul piano ereditario, l’unito civilmente gode degli stessi diritti successori del coniuge. Ciò significa che, in caso di decesso di uno dei due, il superstite ha diritto alla legittima (quota di eredità riservata) e alla pensione di reversibilità eventualmente maturata dal partner defunto. Inoltre, grazie all’equiparazione ai coniugi, le successioni tra partner same-sex sono esenti dall’imposta di successione (come avviene tra marito e moglie), e il superstite può continuare a vivere nella casa familiare con gli stessi diritti di un vedovo o vedova.
- Diritti previdenziali e assistenziali: la coppia trascritta ha diritto all’iscrizione come nucleo familiare presso le ASL, alla copertura sanitaria reciproca (ad esempio può essere inserita come familiare a carico nel servizio sanitario nazionale se uno dei due non ha reddito) e ad ogni altro beneficio previsto per le famiglie (assegni familiari, ecc.). Nei casi di trasferimento lavorativo, il partner ha diritto al ricongiungimento familiare anche se extracomunitario, in virtù del riconoscimento come coniuge ai sensi delle normative sull’immigrazione (recependo la Direttiva 2004/38/CE e la giurisprudenza Coman).
- Scioglimento dell’unione: se le cose dovessero andare male, la coppia unita civilmente ha accesso alle procedure di separazione e divorzio analoghe a quelle matrimoniali, compreso il diritto all’assegno divorzile se spettante. Va notato che nell’unione civile non vige l’obbligo di fedeltà coniugale, ma nella pratica ciò incide poco sui diritti; l’assenza di fedeltà come dovere non preclude comunque la richiesta di addebito nella separazione, in quanto l’adulterio potrebbe essere valutato ai fini dell’affidamento dei figli o dell’assegno (la giurisprudenza è in evoluzione su questo punto).
L’unico ambito di differenza sostanziale riguarda la filiazione: in Italia le coppie same-sex unite civilmente non possono adottare congiuntamente un bambino (il divieto di adozione per coppie omosessuali permane, salvo il caso della stepchild adoption del figlio biologico del partner, che alcuni tribunali hanno ammesso caso per caso). Inoltre, la legge sulle unioni civili non prevede automaticamente la possibilità di assumere un cognome comune familiare (cosa invece normale per i coniugi, anche se oggi l’uso del doppio cognome è cambiato). Al netto di queste limitate differenze, i diritti delle coppie same sex in Italia riconosciute legalmente sono sostanzialmente equiparati a quelli delle coppie eterosessuali sposate. Con la trascrizione del matrimonio estero, i partner entrano a pieno titolo nel quadro normativo italiano come famiglia, tutelata dalla legge e dalla Costituzione (art. 2 e 29, in combinato disposto con art. 3 sul principio di uguaglianza).
Domande frequenti sul riconoscimento dei matrimoni same-sex esteri
Di seguito rispondiamo ad alcuni quesiti comuni posti dagli utenti in merito al riconoscimento legale di un matrimonio same-sex contratto all’estero (specie fuori dall’UE) e alle procedure da seguire per la trascrizione in Italia.
● Un matrimonio gay celebrato negli Stati Uniti è valido in Italia? – Sì. Un matrimonio omosessuale celebrato in USA (o in qualsiasi altro Stato estero che lo consenta, ad es. in Argentina) può essere riconosciuto in Italia. Se almeno uno dei coniugi è cittadino italiano, il matrimonio viene equiparato a un’unione civile ai sensi della legge n. 76/2016. In pratica, dovrete presentare richiesta di trascrizione dell’atto di matrimonio presso il vostro Comune italiano (o tramite il Consolato italiano competente) e, una volta trascritto, la coppia otterrà lo status legale di unione civile con tutti i diritti connessi. È importante sottolineare che, dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE del 2025, anche se entrambi i coniugi sono cittadini UE stranieri (non italiani), l’Italia non potrà rifiutare di riconoscere il matrimonio ai fini dell’esercizio dei diritti sul suo territorio. Dunque, ad esempio, due cittadini francesi o spagnoli sposati a New York avranno diritto a vedersi riconosciuti come coniugi anche qui.
● Qual è la procedura per trascrivere in Italia un matrimonio contratto all’estero? – La procedura è simile a quella per qualunque atto di stato civile formato all’estero. Il matrimonio celebrato all’estero deve essere trascritto in Italia presso il Comune di residenza (o, per i cittadini AIRE, il Comune di iscrizione AIRE). Occorre presentare all’ufficiale di stato civile: 1) un certificato di matrimonio originale rilasciato dall’autorità straniera, completo di traduzione ufficiale in italiano; 2) l’eventuale legalizzazione o apostille sul certificato (a seconda che il Paese estero abbia aderito alla Convenzione dell’Aja del 1961); 3) un documento d’identità e modulo di richiesta di trascrizione. Se siete cittadini italiani residenti all’estero, potete consegnare la documentazione al Consolato italiano competente, che provvederà a trasmetterla al Comune italiano per la registrazione. Una volta avvenuta la trascrizione, il Comune vi rilascerà un estratto dell’atto di matrimonio/unione civile italiano. Da quel momento, la vostra unione è ufficialmente riconosciuta in Italia. Attenzione: in base alle norme vigenti (D.P.R. 396/2000), l’ufficiale di stato civile può rifiutare la trascrizione solo se l’atto estero è manifestamente contrario all’ordine pubblico. Come spiegato, però, un matrimonio same-sex non è più ritenuto contrario all’ordine pubblico internazionale, quindi non sussistono motivi legittimi per negarne la trascrizione. In caso di diniego ingiustificato, è possibile ricorrere in via amministrativa (Prefetto) e quindi al giudice per far valere i propri diritti.
● Che diritti abbiamo dopo la trascrizione del matrimonio in Italia? – Dopo la trascrizione, sarete a tutti gli effetti una coppia sposata/unita civilmente nell’ordinamento italiano, con i diritti e doveri elencati nella sezione precedente. In sintesi: avrete diritto alla reciproca assistenza, a scegliere un regime patrimoniale, a subentrare nel contratto di locazione dell’altro, a ereditare i beni del partner in caso di morte (senza dover pagare imposte di successione), alla pensione di reversibilità, agli assegni familiari e a tutti i benefici riservati ai coniugi. Godrete di tutela nel luogo di lavoro (ad esempio congedi per matrimonio, permessi famiglia) e dinanzi alla legge sarete equiparati a qualunque altra famiglia. Per le coppie same-sex residenti in Italia, il riconoscimento del matrimonio comporta dunque la piena integrazione nei diritti civili: un enorme passo avanti rispetto al passato in cui tali unioni non avevano alcun valore legale. Vale la pena notare che molte di queste tutele erano già garantite dall’unione civile italiana; ciò che cambia ora, grazie all’obbligo di trascrizione, è che anche il titolo matrimoniale viene riconosciuto, rafforzando la dignità e la certezza giuridica della coppia. In poche parole, la legge vi vedrà e vi proteggerà come famiglia.
● L’Italia riconosce automaticamente i matrimoni same-sex celebrati all’estero? – Tecnicamente no, la trascrizione non è automatica: è necessario attivarsi e presentare la documentazione come descritto sopra. Fino a quando l’atto non è trascritto, il matrimonio produce effetti solo nel Paese in cui è stato celebrato (o in altri Stati che lo riconoscono automaticamente). Pertanto è importante, una volta rientrati in Italia o trasferitisi qui, procedere alla richiesta di trascrizione il prima possibile, specie se uno dei 2 coniugi è extraUE per ottenere il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Detto questo, l’effetto del nuovo quadro giuridico è che la trascrizione diventa un atto dovuto: non è più una concessione discrezionale. Quindi, se fornite i documenti corretti e rispettate le formalità, l’ufficiale di stato civile deve trascrivere l’atto. In caso contrario, come accennato, potrete far valere i vostri diritti per vie legali.
● Cosa posso fare se il Comune rifiuta di trascrivere il mio matrimonio gay? – Alla luce della giurisprudenza attuale, un rifiuto sarebbe illegittimo e impugnabile. Potrete rivolgervi al Prefetto (che ha potere di annullare i provvedimenti comunali contrari alla legge) e, se necessario, presentare ricorso al Tribunale civile perché ordini la trascrizione. I giudici italiani dovranno tenere conto sia della sentenza della Corte EDU (Orlandi) sia soprattutto della sentenza della Corte di Giustizia UE del 2025, direttamente vincolante: entrambe affermano chiaramente l’illegittimità di un rifiuto basato sul sesso dei coniugi. Pertanto avete solide basi giuridiche per ottenere giustizia. Considerate anche di farvi assistere da un legale esperto in materia.
● Le unioni civili italiane e i matrimoni esteri sono la stessa cosa? – Dal punto di vista dei diritti, sì in gran parte. Un matrimonio same-sex trascritto in Italia risulta iscritto nei registri delle unioni civili e produce gli stessi effetti di un’unione civile celebrata qui. La differenza è più che altro terminologica e simbolica: l’Italia continua a non celebrare matrimoni omosessuali propriamente detti, ma riconosce quelli esteri come unioni civili. Ciò implica qualche piccola differenza formale (ad esempio, negli atti italiani comparirete come “parte dell’unione civile” e non come “marito/moglie”). Tuttavia, sul piano pratico quotidiano, queste distinzioni nominalistiche incidono poco o nulla. Vale la pena evidenziare che la pronuncia UE discende dal fatto che i ricorrenti polacchi erano sposati in Germania, cioè un Paese UE. Per analogia, però, il principio di non discriminazione dovrebbe portare a equiparare tutte le situazioni: anche un matrimonio same-sex celebrato fuori dall’UE ma riconosciuto valido in uno Stato membro (es. un matrimonio contratto in Canada e trascritto in Spagna) dovrà essere accettato ovunque. In definitiva, diritti e tutele sono pressoché identici, indipendentemente dal fatto che si parli tecnicamente di unione civile o di matrimonio trascritto.
Conclusioni
La direzione tracciata dalle Corti europee è netta: le famiglie omosessuali hanno diritto a piena dignità e riconoscimento giuridico. L’Italia, pur non avendo ancora aperto il matrimonio civile alle coppie same-sex sul proprio territorio, è vincolata a riconoscere i matrimoni same-sex celebrati all’estero e a garantire ai coniugi che vi risiedono gli stessi diritti delle altre famiglie. Il principio del rispetto della vita familiare – scolpito nella CEDU e parte integrante dell’ordine pubblico internazionale – funge ormai da stella polare per le nostre istituzioni, superando vecchi concetti di ordine pubblico interno. La sentenza della Corte di Giustizia UE del 25/11/2025 è un ulteriore tassello di questa evoluzione: impone uniformità di trattamento e rimuove gli ultimi alibi normativi alla non accettazione delle nozze gay di provenienza estera.
Per le coppie interessate, il messaggio è di speranza e di incoraggiamento: se vi siete uniti in matrimonio fuori dall’Italia, oggi potete ottenere il riconoscimento legale del vostro legame anche qui, con tutti i diritti che ne conseguono. È consigliabile avvalersi di professionisti qualificati per seguire l’iter burocratico e affrontare eventuali criticità. Gli avvocati specializzati in diritto di famiglia e in riconoscimento di atti esteri – come il team di Damiani & Damiani International Law Firm – possono fornire consulenza e assistenza mirata, aiutandovi a far valere i vostri diritti sia in sede amministrativa che giudiziale. Con il supporto giusto, la trascrizione del vostro matrimonio estero sarà un percorso agevole verso la piena tutela della vostra vita familiare in Italia.
Fonti esterne autorevoli:
– Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 25 novembre 2025, causa C-713/23, Wojewoda Mazowiecki (Comunicato stampa ufficiale).
– Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 8 (“Right to respect for private and family life”).
– Corte EDU, sentenza Orlandi e altri c. Italia, 14 dicembre 2017.
– Il Fatto Quotidiano, “Uno Stato dell’UE non può rifiutare la trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso” – articolo del 25/11/2025.
– Studio legale Romina Anichini – “L’unione civile in Italia: normativa, diritti e scioglimento” (approfondimento sui diritti derivanti dalle unioni civili).
– Studio Cataldi – “Trascrizione matrimoni gay: la CEDU riconosce il diritto…” (articolo di A. Miceli, 2015).
– Consiglio di Stato, sentenza n. 3892/2015 (conferma divieto di trascrizione matrimoni omosessuali esteri ante legge 76/2016).
– Ministero dell’Interno – D.P.R. 3 novembre 2000 n. 396, art. 18 (impedimento per atti contrari all’ordine pubblico).
– Sito Esteri/Consolato d’Italia (Miami) – Informazioni sulla trascrizione degli atti di matrimonio celebrati all’estero.
Cittadinanza dell’Unione: uno Stato membro ha l’obbligo di riconoscere il matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso, legalmente contratto in un altro Stato membro, in cui essi hanno esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno
Trascrizione atto di matrimonio – Consolato Generale d’Italia Miami














