La recente Legge di Bilancio 2025 introduce una Tassa di 600 euro per le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana. Questo nuovo balzello colpisce sia chi presenta la domanda in via amministrativa, presso comuni o consolati all’estero, sia chi sceglie di intraprendere la strada giudiziale davanti al tribunale. Una misura che solleva non poche perplessità, soprattutto per la sua applicazione disomogenea e per i potenziali profili di incostituzionalità.
Tassa riconoscimento cittadinanza italiana 2025. Ecco dove è richiesta: Comune, Consolato, Tribunale
A partire dal 1° gennaio 2025, il contributo unificato per la richiesta della cittadinanza italiana dovrà essere versato:
- Consolati: viene richiesta per le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana presentate all’estero. In questo caso, il gettito derivante dalla tassa sulla richiesta di cittadinanza è specificamente destinato al miglioramento dei servizi consolari. Tra le priorità figurano lo smaltimento dell’arretrato e l’assunzione di personale locale per accelerare le pratiche.
- Comune: anche chi presenta domanda in Italia dovrà corrispondere i 600 euro. Tuttavia, diversamente da quanto accade per i consolati, non vi sono indicazioni chiare sulla destinazione di questi fondi.
- Tribunale: sul fronte giudiziario, invece, il contributo unificato di 600 euro diventa obbligatorio per ogni singolo ricorrente, anche in caso di domande congiunte tra familiari dallo stesso ascendente cittadino italiano. Questo rappresenta una novità significativa, in quanto aumenta il costo per l’accesso alla giustizia e, inoltre, non è previsto alcun meccanismo redistributivo dei proventi del contributo per sostenere i tribunali nell’elaborazione delle pratiche pendenti.
A cosa serve il nuovo contributo di 600 euro richiesto per il riconoscimento della cittadinanza italiana
La principale differenza tra le due modalità di versamento della tassa di cittadinanza, amministrativa e giudiziale, risiede nella destinazione del gettito:
- Consolati: il denaro raccolto dalla tassa viene reinvestito nei servizi consolari, migliorando l’efficienza e riducendo i tempi di attesa.
- Tribunali: non esiste una norma analoga che stabilisca la redistribuzione del gettito per potenziare il funzionamento dei tribunali. Ciò solleva dubbi sulla ragionevolezza della misura e sulla sua coerenza con il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Questa disparità di trattamento alimenta le perplessità su una tassa che, apparentemente, mira solo a generare entrate, senza apportare alcun beneficio tangibile agli utenti del sistema giudiziario.
Profili di presunta incostituzionalità
La nuova tassa potrebbe presentare diverse criticità dal punto di vista costituzionale:
- Principio di uguaglianza (art. 3 Costituzione):
- La tassazione omogenea di situazioni differenti – domande consolari, amministrative e giudiziali – potrebbe risultare iniqua. Mentre i consolati reinvestono il gettito, i tribunali non prevedono alcun meccanismo di redistribuzione a vantaggio degli utenti.
- Diritto di accesso alla giustizia (art. 24 Costituzione):
- L’introduzione di un contributo unificato individuale di 600 euro, anche per domande congiunte, rischia di scoraggiare il ricorso alla giustizia, ostacolando il diritto di difesa per le famiglie meno abbienti.
- Principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Costituzione):
- L’assenza di un sistema per reinvestire i fondi raccolti nei tribunali può essere vista come una violazione dell’obbligo di efficienza dell’Amministrazione Pubblica.
L’introduzione della tassa di 600 euro per il riconoscimento della cittadinanza italiana appare, sotto molti aspetti, discutibile. Da un lato, la destinazione del gettito per i consolati rappresenta una misura positiva per migliorare i servizi. Dall’altro, l’assenza di una redistribuzione analoga nei tribunali e nei comuni mina l’equità del provvedimento e solleva dubbi sulla sua costituzionalità.
Un intervento correttivo sarebbe auspicabile per:
- Garantire una maggiore equità nella destinazione dei fondi raccolti.
- Introdurre misure che rendano la tassa sostenibile e ragionevole, soprattutto per i procedimenti giudiziali.
Resta ora da vedere se queste criticità verranno affrontate o se sarà necessario ricorrere alla Consulta per verificarne la legittimità.
Faq relative alla nuova tassa per il riconoscimento della cittadinanza italiana 2025
1 Cosa prevede la nuova tassa di 600€ per la richiesta della cittadinanza italiana?
- La nuova tassa introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 prevede un versamento di 600€ per ogni richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana, applicabile sia in via amministrativa (comuni e consolati) sia in via giudiziale (tribunali).
2 Quando entrerà in vigore questa tassa?
- La tassa sarà obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2025.
3 La tassa si applica a chi presenta domanda presso il comune?
- Il contributo di 600€ è richiesto anche per le domande di cittadinanza presentate ai comuni in Italia.
4 La tassa è prevista per chi presenta domanda presso un consolato?
- Il contributo è dovuto anche per chi presenta domanda di cittadinanza al consolato, ma il gettito derivante sarà reinvestito per migliorare i servizi consolari, come lo smaltimento dei ritardi e il potenziamento del personale.
5 La tassa sulla richiesta di cittadinanza italiana è dovuta anche per chi ricorre al tribunale?
- Per chi chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana in via giudiziale è previsto il contributo unificato individuale di 600€ per ciascun ricorrente, anche nei casi di domande congiunte.
6 Come vengono utilizzati i fondi raccolti tramite i tribunali?
- Diversamente dai consolati, non esiste una norma che destini il gettito raccolto tramite il contributo unificato a interventi per smaltire le pratiche pendenti nei tribunali. Questo ha sollevato dubbi sulla ragionevolezza e sull’equità della misura.
7 Perché si parla di possibile incostituzionalità della tassa?
La tassa potrebbe violare alcuni principi costituzionali, tra cui:
- Art. 3 (uguaglianza): trattamenti differenti tra domande consolari e giudiziali senza un criterio uniforme.
- Art. 24 (diritto di accesso alla giustizia): il contributo unificato individuale può ostacolare l’accesso alla giustizia, specie per chi ha meno risorse.
- Art. 97 (buon andamento della Pubblica Amministrazione): l’assenza di reinvestimento nei tribunali potrebbe essere considerata inefficiente.
8 Questa tassa rappresenta una penalizzazione solo per chi ricorre in giudizio?
- No, la tassa colpisce anche chi presenta la domanda in via amministrativa. Tuttavia, mentre il gettito dei consolati è reinvestito per migliorare i servizi, quello dei tribunali non ha una destinazione specifica che porti benefici agli utenti.
9 Cosa succede se non si paga la tassa?
- Le domande saranno dichiarate improcedibili in caso di mancato pagamento del contributo previsto.
10 Esistono esenzioni dal pagamento della tassa?
- Non sono previste esenzioni specifiche per questa tassa, ma potrebbero applicarsi i regimi già in vigore per i soggetti esentati da contributi amministrativi o giudiziari.
11 Cosa distingue la tassa al consolato da quella al tribunale?
- Consolati: il gettito è destinato al rafforzamento dei servizi consolari e allo smaltimento delle pratiche arretrate.
- Tribunali: il contributo unificato non prevede alcun meccanismo di redistribuzione per migliorare i servizi giudiziari.
12 È più conveniente presentare domanda in via amministrativa o giudiziale?
- Dipende dal caso specifico. Tuttavia, presentare domanda in via giudiziale comporta costi aggiuntivi per il contributo unificato individuale, mentre in via amministrativa si applica una tassa singola di 600€.