Il numero di ingressi consentito in Italia per gli imprenditori extracomunitari è regolato dal decreto flussi, che ogni anno determina la quota di ingresso in Italia di cittadini extracomunitari. Nell’ambito della quota generale stabilita per l’ingresso in Italia per motivi di lavoro, quella riservata ai cittadini extracomunitari che vogliono avviare un’impresa in Italia nel 2018 è di 2.400. L’ingresso per lavoro autonomo ai 2.400 cittadini non comunitari residenti all’estero è previsto per gli appartenenti alle seguenti categorie:
- imprenditori che intendono attuare un piano di investimento di interesse per l’economia italiana, che preveda l’impiego di risorse proprie non inferiori a 500.000 euro e provenienti da fonti lecite, nonché la creazione almeno di tre nuovi posti di lavoro;
- liberi professionisti che intendono esercitare professioni regolamentate o vigilate, oppure non regolamentate ma rappresentate a livello nazionale da associazioni iscritte in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
- titolari di cariche societarie di amministrazione e di controllo espressamente previsti dal decreto interministeriale 11 maggio 2011, n. 850;
- artisti di chiara fama o di alta e nota qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici o privati, in presenza dei requisiti espressamente previsti dal decreto interministeriale 11 maggio 2011, n. 850;
- cittadini stranieri che intendono costituire imprese «start-up innovative» ai sensi della legge 17 dicembre 2012 n. 221, in presenza dei requisiti previsti dalla stessa legge e che sono titolari di un rapporto di lavoro di natura autonoma con l’impresa.”
Per l’anno 2018, il decreto flussi ha previsto l’ingresso in Italia di 30.850 cittadini extracomunitari. La quota riservata ai cittadini non comunitari che intendono entrare in Italia per motivi di lavoro è di 12.850. Tra questi sono comprese le quote riservate ai cittadini extracomunitari che intendono chiedere la conversione di permessi di soggiorno già rilasciati ad altro titolo, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo. Le 12.850 quote previste per l’ingresso in Italia per lavoro sono così ripartite:
- ingresso consentito per 500 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, che abbiano completato programmi di formazione ed istruzione nei Paesi d’origine
- ingresso consentito per 100 lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile
- ingresso consentito per 4.750 permessi di soggiorno per lavoro stagionale; ingresso consentito per 3.500 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale
- ingresso consentito per 800 permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea.
- conversione di 700 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale, in permessi di soggiorno per lavoro autonomo
- conversione di 100 permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea, in permessi di soggiorno per lavoro autonomo
L’ingresso in Italia per imprenditori stranieri e la costituzione di un’azienda in Italia. Decreto flussi e i patti di reciprocità.
Il decreto flussi non è l’unico strumento giuridico utile per aprire un’azienda in Italia (leggi QUI la guida per fare affari in Italia). Ai sensi dell’articolo 16 delle “Disposizioni sulla legge in generale”, contenute nel Regio Decreto n. 262 del 16 marzo 1942, “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere”.
La condizione di reciprocità è essenziale per aprire una sede della propria società estera in Italia, anche senza permesso di soggiorno. Infatti, ogni consulente aziendale in Italia sa che l’imprenditore straniero può aprire la sua società in Italia in 3 modi alternativi:
- Apertura di una sede secondaria con rappresentanza stabile
- Apertura di un ufficio di rappresentanza
- Costituzione di una filiazione, ovvero di una società o ente dotato di autonomia giuridica
La normativa di riferimento riguardante il godimento dei diritti civili da parte dei cittadini stranieri è oggi costituita dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e dal relativo regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394).
Una condizione normativa che sussiste anche per gli investimenti stranieri
Per investimento si intende, indipendentemente dalla forma giuridica prescelta e dall’ordinamento giuridico di riferimento, ogni bene investito da investitori di una parte contraente nel territorio dell’altra, in conformità alle leggi ed ai regolamenti di quest’ultima. Tra le ipotesi più comuni di investimento figurano: diritti di proprietà su beni immobili, mobili ed altri diritti reali; crediti monetari ed altre prestazioni a titolo oneroso derivanti da contratti; acquisizione di imprese esistenti o di quote di esse; creazione di imprese nuove; diritti d’autore e di proprietà industriale; concessioni di legge, come quelle di esplorazione, estrazione e sfruttamento di risorse naturali. Secondo interpretazione costante, si ritiene che l’accertamento della condizione di reciprocità non vada effettuato per i cittadini di quei Paesi con i quali l’Italia ha concluso Accordi bilaterali in materia di promozione e protezione degli investimenti (Bilateral Investment Treaties, o BITs). Inoltre, nel caso di assunzione di cariche sociali, se non contemplata negli accordi, dovrebbe essere verificata la condizione di reciprocità caso per caso. Per l’elenco dei paesi con cui l’Italia ha stipulato Accordi di promozione e protezione degli investimenti e principale casistica sulla loro applicazione clicca su Elenco Paesi