Pubblicità comparativa illecita
Nell’ambito dei casi di concorrenza sleale, la Corte di Giustizia Europea ha definito la differenza tra pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa illecita. La pubblicità è un’attività rigidamente definita dal diritto nazionale e internazionale e dalle norme Antitrust. Per il diritto italiano, la pubblicità è regolata dall’art. 2 co. I lett. a) del D. Lgs. 145/2007; «Si definisce pubblicità, qualsiasi forma di messaggio diffuso in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi»
La pubblicità comparativa illecita. Esempi di concorrenza sleale
La pubblicità comparativa è ammessa dal diritto che regola la concorrenza e non è un comportamento sanzionato come concorrenza sleale. Tuttavia, la dottrina distingue tra pubblicità comparativa lecita e illecita. La pubblicità comparativa è lecita, nel momento in cui un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli oggettivamente a confronto con quelli dei concorrenti. E’ illecita quando il confronto comparativo tra prodotti e servizi non è oggettivo, genera confusione tra le imprese e/o scredita il concorrente, confonde il consumatore. In questi casi siamo in presenza di illecita concorrenza.
La pubblicità occulta o ingannevole caso di concorrenza sleale
La pubblicità è occulta o ingannevole quando induce in errore il consumatore alla quale è rivolta o ne pregiudica il comportamento economico o quando lede un concorrente.
Differenze tra pubblicità comparativa illecita e pubblicità ingannevole
La concorrenza sleale, la pubblicità ingannevole o quella comparativa illecita possono condurre ad una distorsione delle dinamiche concorrenziali del mercato. L’UE sanziona questi comportamenti già nell’art. 2 co. III T.U.E. del Trattato dell’UE. Inoltre, l’UE nel 2006 ha emanato una direttiva ad hoc, al fine di armonizzare le sanzioni per la condotta anticoncorrenziale a tutela dei consumatori (DIRETTIVA 2006/114/CE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa*). La distinzione tra pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa illecita a livello Europeo, ha avuto anche una ricaduta sul diritto italiano.
La Corte UE distingue tra pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa illecita
Prima della emanazione della direttiva comunitaria 2006/114/CE, in Italia – come in molti altri paesi membri dell’UE – non c’era una netta distinzione tra pubblicità ingannevole e pubblicità compartiva illecita. Infatti, la prima era considerata un aggettivo della seconda, quindi, non ci poteva essere pubblicità ingannevole se non attraverso una comparazione pubblicitaria illecita tra 2 prodotti o servizi. La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che la direttiva UE 2006/114, deve essere interpretata nel senso che essa si riferisce “alla pubblicità ingannevole e alla pubblicità illegittimamente comparativa, come a 2 infrazioni autonome e che al fine di vietare e di sanzionare una pubblicità ingannevole, non è necessario che quest’ultima costituisca al contempo una pubblicità illegittimamente comparativa».
Quali sono i casi generali di pubblicità comparativa illecita
La Corte di Giustizia Europea è intervenuta nel merito, precisando anche quali sono le circostanze che identificano la pubblicità comparativa illecita. La pubblicità comparativa è illecita o fuorviante, quando la comparazione avviene tra prezzi, beni, prodotti, servizi di imprese di diverse dimensioni. Questo tipo di pubblicità può, in alcune circostanze, falsare l’obiettività del confronto a danno delle informazioni rilevanti per il consumatore e generare uno sviamento di clientela illecito a favore del concorrente sleale
Come difendersi dai casi di pubblicità ingannevole o comparativa illecita anche in Internet
Dal punto di vista del diritto valgono sempre le regole su esposte anche per i nuovi strumenti pubblicitari Internet, come la pubblicità ppc (pay-per-click) e i cosiddetti social influencer (generalmente: utenti del web con molti followers). Invero, il criterio dell’oggettività comparativa e il divieto di pubblicità ingannevole devono essere rispettati anche in Internet. Negli annunci della pubblicità ppc è molto utilizzata la pubblicità comparativa, sempre che sia lecita. Il Social influencer, invece, deve garantire al consumatore di riconoscere la natura del suo messaggio e deve assumere un comportamento di correttezza dei rapporti concorrenziali tra imprese. Ogni condotta di concorrenza sleale in Internet è perseguita dalla legge. Nel caso in cui un’impresa ravvisi ai suoi danni comportamenti di concorrenza sleale o ipotesi di pubblicità comparativa illegittima o ingannevole, ovvero occulta e illecita può:
- Agire davanti al Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria, per eliminare la pubblicità ingannevole o comparativa illecita
- Rivolgersi al Giudice Ordinario ai sensi dell’art. 700 c.p.c. per ottenere un provvedimento urgente di inibizione della concorrenza sleale mediante illecito pubblicitario e avere riconosciuto l’eventuale diritto al risarcimento o indennizzo del danno ricevuto.
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Glossario:
- Social influencer: è una persona che opera nell’Influencer marketing, una forma di marketing che si basa sull’identificazione di persone che hanno, o esercitano influenza sui potenziali acquirenti.
- Pubblicità Ppc: è una modalità di acquisto della pubblicità sui motori di ricerca. Il compratore paga una tariffa in base ai click e alle visualizzazioni che riceve un annuncio pubblicato sulle pagine di ricerca. Più un annuncio è clicccato e visualizzato meno si minore è la tariffa. Lo scopo è quindi di adottare tecniche per catturare il click dell’utente
- Concorrenza sleale: pratiche, tecniche e comportamenti illeciti allo scopo di ottenere un vantaggio sui competitor o per procurare loro discredito