Da Gennaio 2019 le pensioni saranno di nuovo sottoposte a perequazione, come prima della legge Fornero del 2011. La pensione sarà di nuovo adeguata all’aumento ISTAT, per mantenere inalterato il suo potere d’acquisto. Ma c’è un problema, seppure il blocco alla rivalutazione delle pensione cadrà, non è detto che non sia possibile ottenere il risarcimento del danno che, comunque, continuerà ad essere arrecato ad alcune fasce di pensionati.
Le nuove regole che reintroducono la perequazione per le pensioni sono anche il frutto di un’azione giuridica che diversi studi legali in Italia, tra cui quello dell’avvocato Irene Damiani, hanno promosso negli ultimi mesi.
Rivalutazione delle pensioni secondo indici ISTAT dal 2019, ma sarà sempre possibile ottenere il risarcimento con il ricorso alla CEDU
La legge Fornero del 2011 ha avuto, tra i suoi effetti, anche quello di bloccare la rivalutazione ISTAT per TUTTE le pensioni. Tuttavia, già allora fioccarono i ricorsi alla Corte Costituzionale che, con un sentenza del 2015, ribadì le ragioni di chi difendeva il diritto alla rivalutazione pensionistica. Subito dopo la sentenza della Corte, il Governo Renzi rimodellò la norma, introducendo per decreto il blocco della rivalutazione a scalare, colpendo sopratutto le pensioni più alte. Ci fu un nuovo ricorso che la Corte Costituzionale, questa volta, rigettò con una nuova sentenza invocando il principio del bilanciamento tra il diritto alla perequazione dei pensionati e le esigenze di bilancio dello Stato. Con il decreto del Governo Renzi, promosso dal Ministro Poletti, fu anche introdotto il blocco transitorio della perequazione della pensione fino al 2016, prorogato poi fino al 2018, i 5 scaglioni di reddito individuati e le relative percentuali di rivalutazione. In sintesi, soltanto coloro che avevano una pensione inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS, cioè pari a 507,42€, hanno potuto finora beneficiare della rivalutazione della pensione al 100%. Da Gennaio 2019, la penalizzazione totale per le pensioni più alte sarà ridotta allo scadere della fase transitoria, quando saranno reintrodotte le percentuali previste dalla legge 388/2000, nella quale sono indicate solo 3 e non 5 fasce di reddito:
- rivalutazione al 100% per pensioni inferiori a 3 volte il trattamento minimo;
- rivalutazione al 90% per pensioni comprese tra 3 e 5 volte il trattamento minimo;
- rivalutazione al 75% per pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo.
Come si può notare, con le nuove percentuali gli importi delle pensioni saranno più alti in caso di aumento dell’inflazione rispetto a quanto sarebbe avvenuto oggi. Il problema è che a beneficiare di questo cambiamento saranno solamente i pensionati che percepiscono un assegno previdenziale di importo elevato, mentre per gli altri non ci sono cambiamenti all’orizzonte.
Il ricorso CEDU per il diritto alla rivalutazione della pensione
Dopo le 2 sentenze della Corte Costituzionale, del 2015 e del 2017, non era più possibile far valere in Italia il diritto alla rivalutazione della pensione. L’ultimo strumento giuridico disponibile è stata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sede a Strasburgo, la Corte CEDU. Ed è in quella sede che può ancora essere rivendicato il diritto alla rivalutazione pensionistica, proprio come hanno già fatto centinaia di pensionati in Italia fino ad Aprile.
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