La vicenda riguarda il ricalcolo della pensione del personale delle forze di Polizia, delle forze armate e del personale militare andate in pensione dal 2016 in poi. Quindi si può chiedere il ricalcolo della pensione sulla base del diritto agli arretrati e all’aumento di stipendio, che i dipendenti avrebbero dovuto percepire se non fosse intervenuto il blocco della contrattazione collettiva dichiarato Incostituzionale.
La Novità sulla pensione per il personale in quiescenza e le procedure per chiedere il ricalcolo della pensione
Per procedere con la richiesta di ricalcolo della pensione sulla base dei diritti riconosciuti dalla sentenza della Corte Costituzionale, occorre chiedere il calcolo presso un patronato o un consulente del lavoro e, nelle more, inoltrare tempestivamente una lettera di diffida e messa in mora all’amministrazione competente per richiedere gli arretrati calcolati.
In pensione spettano gli arretrati del contratto collettivo di lavoro
Stabilito che coloro che sono andati in pensione dal 2016 hanno diritto all’aumento sulla base del ricalcolo per l’aumento sullo stipendio che avrebbero dovuto percepire, vediamo la ricostruzione di cosa è effettivamente successo.
La legge di stabilità del 2015 (l.n.190 del 23 dicembre 2014), aveva prorogato il “blocco negoziale” e reso di fatto strutturali i blocchi contrattuali introdotti con i precedenti provvedimenti legislativi determinati dall’esigenza di contenere gli effetti della crisi finanziaria dello Stato. Tuttavia, la proroga del blocco della contrattazione collettiva del lavoro pubblico, ha provocato una situazione di illegittimità costituzionale sopravvenuta riconosciuta dalla Corte. In particolare, la Corte stabilisce che il rinnovo del blocco per il triennio 2013-2015 e la norma che blocca l’erogazione dell’aumento dell’indennità contrattuale costituiscono una violazione della libertà sindacale di cui all’art. 39 co. 1 Costituzione.
La riliquidazione della pensione per i cessati dal lavoro dal 2016
La sentenza della Corte Costituzionale n.178/2015 è stata pubblicata il 17 settembre 2015 e per i dipendenti che sono andati in pensione dal 2016 è intervenuto il recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare per il «Triennio normativo ed economico 2016-2018». (GU Serie Generale n.100 del 02-05-2018 – Suppl. Ordinario n. 21), un provvedimento che è entrato in vigore a Maggio del 2018.
Il provvedimento prescrive la decorrenza retroattiva degli aumenti di stipendio a decorrere dal 1 Gennaio 2016. Quindi, il trattamento economico relativo all’aumento di stipendio del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, è incrementato e rideterminato per quel che riguarda gli effetti sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza normale e privilegiato, sull’indennità di buonuscita, sull’assegno alimentare per il dipendente sospeso, sull’equo indennizzo, sulle ritenute previdenziali ed assistenziali e relativi contributi, compresi la ritenuta in conto entrata INPS, o altre analoghe, ed i contributi di riscatto.
I benefici economici del rinnovo del contratto collettivo dei dipendenti pubblici sul ricalcolo della pensione
I benefici economici che risultano dal riconoscimento del diritto al ricalcolo della pensione sono corrisposti integralmente alle scadenze e negli importi previsti al personale cessato dal servizio e con diritto alla pensione, a partire dal 1 Gennaio 2016. Quindi l’indennità pensionabile è incrementata e rideterminata insieme a quella di buonuscita ma solo per gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio.
La sentenza della Corte Costituzionale n.178/2015. Illegittima la sospensione della contrattazione collettiva
La vicenda si inquadra nella sentenza della Corte Costituzionale n.178/2015, nel momento in cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del regime di sospensione della contrattazione collettiva per contrasto con l’art. 39. Un regime di sospensione che si protraeva da 8 anni. Sulla base della sentenza della Corte, lo Stato italiano ha dovuto provvedere a sbloccare la contrattazione collettiva, adeguando e rinnovando il contratto collettivo nazionale del lavoro per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel 2018 è stata quindi sbloccata la contrattazione ed è stato approvato il nuovo CCLN che dispone il computo ai fini previdenziali dei benefici economici. Il calcolo previdenziale dovrà avvenire integralmente, secondo gli ordinamenti vigenti, alle scadenze e negli importi previsti, nei confronti del personale comunque cessato dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del nuovo contratto.
I dipendenti pubblici hanno diritto agli arretrati della pensione dal 2016
Quindi per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, gli ex dipendenti della Pubblica Amministrazione andati in pensione dal 01.02.2016 hanno il diritto di ricevere gli arretrati che sono stati riconosciuti con il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, CCNL. Infatti, la nuova contrattazione, proprio in forza della sentenza della Corte Costituzionale 175/2015, ha riconosciuto, con decorrenza retroattiva al 01.01.2016, l’adeguamento economico sotto forma di una tantum per i dipendenti pubblici, che ammonta ad una cifra variabile per ciascun avente diritto. L’importo fa riferimento agli aumenti degli stipendi previsti per il 2016, il 2017 e i primi due mesi del 2018, al profilo professionale ricoperto dal dipendente, agli scaglioni dello stipendio e alla data di pensionamento. L’aumento deve essere conteggiato anche ai fini del TFR e dell’importo dell’assegno pensionistico.
A quanto ammontano gli aumenti contrattuali e l’adeguamento dell’assegno pensionistico
In parole semplici, gli aumenti contrattuali di 80/90 euro mensili, si riflettono sulla pensione di chi si è pensionato dal 1° gennaio 2016 grazie al rinnovo dei contratti statali. L’aumento della pensione è aggiornato sulla base pensionabile sulla quale si calcola il trattamento. Oltre all’aumento della pensione, l’incremento dello stipendio dei dipendenti pubblici determina anche l’aumento della buonuscita, o trattamento di fine servizio, in quanto il suo ammontare è calcolato sulla base dell’ultima retribuzione: rispetto alla pensione, però, l’incremento della buonuscita sarà più leggero. L’accredito per gli arretrati dev’essere ricevuto da febbraio 2018 in poi, fino a dicembre 2018, e con un cedolino separato da quello dei ratei della pensione del 2018.
Gli aventi diritto. Coloro che sono andati in pensione dal 01/01/2016
Se rientri tra gli aventi diritto – dipendente pubblico in pensione dal 01/01/2016 e fino a dicembre 2018 – e ti accorgi di non ricevere il cedolino separato con l’accredito per gli arretrati riconosciuti dal CCNL, mettiti in contatto e chiedi la consulenza e le modalità per spedire la lettera di diffida e messa in mora a:
- lettera di messa in mora al datore di lavoro per la parte relativa al tfr/tfs ed agli arretrati stipendiali;
- lettera di diffida all’INPS per la parte relativa al conseguente adeguamento pensionistico.
Inoltra la richiesta al form di contatto