Le controversie relative alla concorrenza sleale nel diritto commerciale, si evolvono continuamente per via del confronto/conflitto giuridico tra le imprese sul mercato globale.
La competenza in materia di concorrenza sleale. Le Sezioni specializzate per l’impresa e il Tribunale Ordinario
Proprio per la delicatezza e la complessità della materia e per le conseguenze che l’eventuale eccesso di concorrenza sleale comporta per le imprese, il sistema di giustizia ha riservato un’apposita sezione specializzata dei tribunali chiamata a giudicare i casi di concorrenza sleale, per dirimere le fattispecie giuridiche relative alla concorrenza. Ma non sempre è questo tipo di giudice chiamato a decidere sulle controversie tra le imprese in materia di concorrenza sleale. In alcuni casi la competenza è del giudice ordinario. Prima di vedere per quali casi interviene a dirimere le controversie il giudice ordinario e la sezione speciale vediamo quando si può parlare di concorrenza sleale, quali sono gli atti di concorrenza sleale e come ci si difende dalla concorrenza sleale
Cosa si intende per concorrenza sleale
E’ naturale che in un libero mercato siano diverse le imprese che vendono lo stesso prodotto o servizio e che si facciano concorrenza tra loro con diverse strategie e strumenti per accaparrarsi rispetto ai concorrenti, fette più grandi di quel mercato. Ma il legislatore di quasi tutti i paesi del mondo ha posto dei limiti alla concorrenza, regolati dalle norme di diritto commerciale e dal diritto alla concorrenza, che rispondono a 2 principi fondamentali:
- un’azienda non può essere danneggiata da comportamenti scorretti da parte della sua concorrenza;
- l’informazione che arriva al consumatore finale e quindi la sua valutazione ed il suo giudizio nell’acquisto di un bene o un servizio non può essere falsa o falsata o fuorviante.
Per queste ragioni è stata introdotta la disciplina della concorrenza sleale. Quindi per “concorrenza sleale” si intende il compimento di una serie di atti vietati che provocano un danno ingiusto ad un’azienda, oppure inducono il consumatore ad un errore di giudizio e di valutazione su un prodotto o un servizio, per esempio con atti che generano confusione come usare nomi o segni distintivi già legalmente registrati da altri, oppure imitare i prodotti di un concorrente.
Altri reati di concorrenza sleale sono quelli:
- del dumping;
- pubblicità ingannevole;
- sviamento della clientela;
- pubblicità comparativa illecita
- spionaggio industriale e furto di informazioni;
- storno di dipendenti per acquisire informazioni dei concorrenti;
- conflitto di interessi di un socio che fa parte di più di una società che opera nello stesso mercato.
L’unica forma lecita di concorrenza che riguarda la specifica menzione di un’azienda che opera nello stesso mercato è quella della pubblicità comparativa. In questi casi, la pubblicità comparativa non lede alcun diritto di proprietà individuale perché si basa su informazioni o messaggi relativi a fatti oggettivi e facilmente verificabili da parte del consumatore. Ma la pratica non deve generare confusione nel consumatore o nel mercato e non deve gettare discredito alle altre realtà concorrenziali.
Quali sono gli atti di concorrenza sleale
Gli esempi di concorrenza sleale si riferiscono a quelli elencati poco sopra e che possono sinteticamente essere ricondotti a:
- Atti di confusione;
- Atti denigrazione e vanteria;
- Atti contrari alla correttezza professionale.
Ma chiaramente le fattispecie cambiano molto velocemente anche per l’evoluzione tecnologica digitale e per la moltiplicazione delle possibilità di comunicazione e di dislocamento della produzione. A tal proposito il Tribunale di Torino, Sezione imprese, ordinanza 15/1/2021 ha stabilito che è concorrenza sleale quando un’azienda sfrutta indicazioni e immagini della concorrente, anche se è scaduta la sua “tutela del modello non registrato” valida per 3 anni. La decisione del giudice emerge dal principio della tutela del consumatore, dal rischio confusorio e di associazione impropria di prodotti e imprese dalle quali il consumatore medio deve essere protetto. Anche l’affollamento di certi mercati, come quello della telefonia e dei dispositivi mobili ad esempio, come quello al quale si riferisce l’ordinanza, non consente di commercializzare prodotti sostanzialmente identici nelle immagini a quello del concorrente, anche se è scaduta la tutela. I giudici hanno stabilito in questo modo anche perché in molti casi, nel mercato della telefonia, le forme adottate per i vari modelli non sono necessarie, c’è un’ampia scelta e, semmai, la volontà di uniformarsi o copiare modelli concorrenti è data dalla volontà di confondere il consumatore rendendo i prodotti quanto più uguali possibile.
Quando e in quali casi è chiamato a decidere sulla concorrenza sleale il tribunale Ordinario
In ogni tribunale è stata istituita la sezione specializzata in materia di imprese. Tuttavia ci sono casi in cui anche in materia di concorrenza sleale deve decidere il tribunale ordinario.
Al riguardo ha deciso con la sua Ordinanza Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 09/05/2017, n. 11309 (rv. 644610-01) la Corte di Cassazione, che ha stabilito che la competenza per materia di concorrenza sleale è del Giudice Ordinario, ma solo qualora non sussista una lesione del diritto di privativa ovvero di esclusività. Il caso si pone quando, per esempio, si è in presenza di un’acquisizione di know how aziendale per storno di dirigenti. In questo caso, il semplice storno di dirigenti non è sufficiente a provare il danno ulteriore che prefigura il comportamento di concorrenza sleale. Quindi, secondo la decisione della Corte di Cassazione, appartiene al tribunale ordinario e non alle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 168 del 2003, la competenza a decidere sulla domanda di accertamento di un’ipotesi di concorrenza sleale, in cui la prospettata lesione degli interessi e della tutela della proprietà industriale della società danneggiata riguardi l’appropriazione di informazioni aziendali, di informazioni riguardo i processi produttivi e di esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. “know how” aziendale, in senso ampio) mediante storno di dirigenti.
Secondo le regole di competenza l’Alta Corte ha ribadito che la competenza a procedere sussiste in capo alle sezioni del tribunale d’Impresa, solo quando sia ipotizzata l’illecito della concorrenza sleale in caso di privative ovvero violazione dell’esclusività o di altri diritti di proprietà intellettuale direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi o relativi all’accertamento dell’illecito concorrenziale.
Quando e in quali casi è chiamata a decidere sulla concorrenza sleale la Sezione speciale d’Impresa
Un esempio di concorrenza sleale relativo all’attribuzione del caso alla sezione speciale del tribunale riservata all’impresa, riguarda un caso sul quale si è espresso il Tribunale di Torino a Novembre del 2020. Il caso riguarda il ricorso presentato dalla società cooperativa Produttori Moscato d’Asti Associati, contro gli accordi commerciali di un’altra società che intendeva vendere all’estero un loro vino. La Corte di Cassazione con l’ordinanza della Cassazione n. 24674 ha stabilito che il caso deve essere giudicato dalla sezione specializzata imprese. Con l’Ordinanza la Suprema corte ha accolto la richiesta della società cooperativa Produttori Moscato d’Asti di impugnare la decisione di spostare la causa davanti al giudice ordinario, per decidere dell’annullamento dei contratti commerciali per la promozione del Marchio Nanticò e la vendita del vino prodotto con lo stesso marchio in mercati esteri.
Al riguardo la Cassazione ha ricordato che le domande di repressione di atti di illecita concorrenza di tipo interferente, “quelle che si fondano su comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva“, devono essere giudicate dalle sezioni dei tribunali specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale. Mentre per le istanze relative ad atti di concorrenza sleale pura, in cui la lesione dei diritti di esclusiva non rappresenta l’elemento costitutivo dell’illecito concorrenziale, deve occuparsene la giurisdizione ordinaria. E in questo caso tutte le eccezioni sollevate dalla parte ricorrente coinvolgono il diritto sul marchio, quale elemento cardine dei danni lamentati. Pertanto sarà la sezione specializzata in materia di imprese del tribunale di Torino a decidere sulla questione..
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