Un importante chiarimento sulle procedure di insolvenza in ambito europeo per il recupero dei crediti da stato estero è arrivato con la sentenza della Corte Europea del 16 luglio 2020C-253/19. La sentenza investe gli interessi di coloro che circolano all’interno dello spazio UE per motivi di lavoro ed ha notevole importanza perché sempre di più le parti fanno ricorso a questo strumento per gestire le situazioni di sovraindebitamento e per ottenere un decreto ingiuntivo dal Tribunale individuato per la competenza.
Com’è noto, le procedure di recupero crediti internazionali in ambito UE sono disposte dal Regolamento UE 2015/848. La Corte di Giustizia UE è intervenuta chiarendo il criterio di giurisdizione per l’attribuzione delle procedure d’insolvenza transnazionali europee, relative alle persone fisiche.
Recupero dei debiti all’estero. Ecco qual è il Giudice chiamato a decidere sulle procedure di insolvenza tra privati
La vicenda riguarda una coppia di coniugi UK che si era rivolta alla Corte di appello di Guimarães (Portogallo), per aprire una procedura d’insolvenza nei confronti del loro debitore. Seguendo le norme disposte dal Regolamento secondo cui “sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore”, i coniugi si erano rivolti alla Corte del Portogallo. Tuttavia la Corte, seguendo la norma che recita “prima di aprire la procedura d’insolvenza il giudice competente dovrebbe verificare d’ufficio se il centro degli interessi principali del debitore o la dipendenza di quest’ultimo sono effettivamente situati entro la sua giurisdizione”, ha rimesso il giudizio alla Corte di Giustizia UE.
La coppia di coniugi inglesi aveva presentato l’istanza al Giudice portoghese perché riteneva che la giurisdizione per il recupero del credito era del Portogallo. In Portogallo infatti erano state svolte le transazioni e firmati i contratti che avevano causato la situazione d’insolvenza ed è anche il luogo dove si trovava l’unico bene immobile del debitore. Secondo il regolamento, infatti, il criterio della residenza abituale potrebbe essere superato se la maggior parte dei beni interessati dalla procedura di insolvenza, si trovano al di fuori dello Stato membro nel quale si trova la residenza abituale.
La corte del Portogallo aveva respinto l’istanza proprio perché aveva collocato il centro degli interessi principali della coppia nel Regno Unito, dal momento che quello era il luogo della residenza abituale della coppia così come stabilito dall’articolo 3[1], n. 1, comma 4 del regolamento 2015/848.
Confermando la giurisdizione inglese, la Corte di Giustizia UE ha dunque stabilito che la competenza a decidere spetta al giudice del Paese della residenza abituale ove si presume sia collocato il centro degli interessi principale della persona fisica, in questo caso nel Regno Unito. Secondo la Corte UE, la residenza abituale non può essere superata dal fatto che l’unico bene da porre in liquidazione sia situato in altro Paese membro e che in siffatto Paese siano state compiute le transazioni ed i contratti che hanno causato la situazione d’insolvenza.
Di seguito un estratto della sentenza che puoi trovare al link Sentenza della Corte Europea del 16 luglio 2020C-253:19
“infatti, se è vero che la localizzazione dei beni del debitore costituisce uno dei criteri oggettivi e verificabili da parte dei terzi da prendere in considerazione per determinare il luogo in cui il debitore gestisce abitualmente i suoi interessi, tale presunzione può essere confutata solo al termine di una valutazione globale dell’insieme di tali criteri. Ne consegue che il fatto che l’unico bene immobile di una personale fisica che non esercita un’attività imprenditoriale o professionale indipendente sia situato al di fuori dello Stato membro della sua residenza abituale, non è di per sé sufficiente a confutare detta presunzione”.
Va precisato, infatti, che la sentenza che chiarisce i criteri di giurisdizione per le procedure di insolvenza all’estero e nell’ambito dei Paesi dell’Unione Europea, riguardano solo quelle tra privati, escludendo quelle per le quali sono interessate aziende e imprese.
Infine, il Regolamento UE consente di risolvere i conflitti di competenze sorti tra giurisdizioni degli Stati membri sulle norme nazionali da applicare per la gestione delle procedure di insolvenza transfrontaliera comunitaria e dispone il riconoscimento delle sentenze dei diversi giudici in materia di insolvenza.
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