Tra le clausole restrittive che possono essere stabilite in un contratto preliminare o definitivo di cessione delle quote sociali, ci sono pure quelle relative ai patti di non concorrenza. I patti di non concorrenza sono quelli che impongono alle parti di limitare reciprocamente la propria attività, in modo da non utilizzare:
- segreti commerciali interni all’azienda;
- esercitare attività di sottrazione della clientela;
- diffondere informazioni confidenziali e notizie sulle metodologie di lavoro e produzione.
I soggetti tra i quali si stabiliscono accordi di non concorrenza
L’accordo di non concorrenza si stabilisce solitamente tra:
- azienda o datore di lavoro ed ex dipendente, nel momento in cui questi entra a far parte di un’altra società concorrente;
- tra società, quando si sciolgono o un socio cede le proprie quote;
tra professionisti ed ex collaboratori in possesso di elenchi di clienti. - La mancata riproduzione nel contratto definitivo, dell’accordo di non concorrenza prevista nel preliminare.
La Corte di Cassazione è già intervenuta diverse volte sulle clausole di non concorrenza entrando anche in conflitto con la CGUE per via della diversa definizione tra professionista e imprenditore che il diritto italiano attribuisce all’uno e all’altro rispetto al diritto europeo. Recentemente, invece, è entrata nel merito della mancata riproduzione nel successivo contratto definitivo di cessione di quote sociali, di una clausola di non concorrenza inserita nel contratto preliminare.
L’omessa riproduzione nel contratto definitivo di cessione di quote sociali, di una clausola già inserita nel preliminare non comporta, necessariamente, la rinunzia alla pattuizione ivi contenuta, che non resta assorbita solo ove sussistano elementi in questo senso ricavabili dagli atti offerti dalle parti (Corte di Cassazione, Sez. I Civ., Ord. 11 gennaio 2022, n. 662)
Nel caso in oggetto il patto di non concorrenza non riguardava l’ex dipendente a conoscenza di segreti, informazioni o metodologie produttive e di vendita esclusive nei confronti dell’ex datore di lavoro e nemmeno ex collaboratori di professionisti in grado di poter sviare la clientela, ma ha riguardato 2 contraenti uno dei quali ha ceduto la totalità delle quote societarie all’altro. Tra gli obblighi accessori del preliminare anche il patto di non concorrenza, per la cui violazione era prevista una penale a carico della parte inadempiente. Nella stesura del contratto definitivo non era stata più trascritta la clausola del patto di non concorrenza e la relativa sanzione in caso di violazione.
La violazione della clausola del patto di non concorrenza e divieto di concorrenza
L’omessa trascrizione nel contratto definitivo della clausola di non concorrenza e la relativa penale prevista nel contratto preliminare non ha impedito, però, il contenzioso tra le parti e la richiesta di risarcimento, nel momento in cui si è concretizzata la violazione. In primo grado il Tribunale di Macerata ha accolto la richiesta e intimato il risarcimento per la violazione del patto di concorrenza, mentre in secondo grado la Corte di Appello di Ancona intimava la restituzione delle somme.
La verifica dell’effettiva volontà dei contraenti
La Corte di Cassazione ha già stabilito con una precedente sentenza un principio secondo il quale “l’omessa riproduzione nel contratto definitivo di cessione di quote sociali di una clausola già inserita nel preliminare non comporta, necessariamente, la rinunzia alla pattuizione ivi contenuta.
Tuttavia … non resta assorbita ove sussistano elementi in senso contrario ricavabili dagli atti ovvero offerti dalle parti. Ne consegue che il giudice è tenuto ad indagare sulla concreta intenzione delle parti, tanto più che il negozio di cessione richiede la forma scritta solo al fine dell’opponibilità del trasferimento delle quote alla società e non per la validità o la prova dell’accordo, per cui occorre verificare se, con la nuova scrittura, le parti si siano limitate, o meno, solo a “formalizzare” la cessione nei confronti della società, senza riprodurre tutti gli impegni“. Il fatto che nel contratto definitivo o in atto separato siano stati riportati tutti gli altri obblighi accessori ad eccezione della clausola del patto di non concorrenza, ha spinto il Giudice di Cassazione a ritenere che l’omessa riproduzione nel contratto definitivo esprimesse la volontà delle parti a rinunciare a quell’impegno accogliendo, quindi, la decisione del Tribunale di II grado. Contemporaneamente, la sentenza della Cassazione ha stabilito anche che il divieto di concorrenza è applicabile anche nel caso di trasferimento e cessione di quote sociali parificando la decisione “all’alienazione dell’azienda, specificamente prevista dalla norma contenuta dell’art 2257 cod. civ., la cessione di quote sociali quando produca sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’azienda sociale“.